MG in onda - 17/18/19 settembre 2010
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“Onda su onda, il mare mi porterà… “cantava Bruno Lauzi.
L’onda ricorda il mare e il mare ricorda l’acqua e di acqua questo “MG IN ONDA” ce ne ha regalata tanta, ma dal cielo.
Alla fine non si ascoltavano più le previsioni del tempo. Bastava guardare i baffi di Paolo Parma piegati ogni giorno sempre più in giù, come le lancette di un barometro che sente tempesta.
Ma ancora una volta, lo spirito dei soci del MG CAR CLUB d’Italia, ben rappresentato dal suo motto “vivere liberi… insieme”, ha dimostrato che il piacere di ritrovarsi, di stare insieme in compagnia, è più importante degli imprevisti.
Sì …..liberi dai capricci del tempo e liberi anche… dal roadbook !?
“Ma vale proprio la pena fare tutta questa fatica per scrivere un roadbook ”diceva sconsolato domenica mattina Fausto. E il sottoscritto che ascoltava piegava sempre di più le orecchie fino a una posizione parallela e prossima alla terra.
Sì perché sono stato proprio io che, con una fantasiosa interpretazione delle indicazioni ( ahi Roberto M. non cercare più di convertirmi alle grappe con l’intento di ricordarmi le mie origini venete !) ho trascinato in una folle discesa verso l’ignoto e incontro alla tempesta, un folto gruppo di vetture.
Il rientro nel tracciato del roadbook mi è stato complicato da un impenetrabile muro d’acqua e dalla terrificante visione della cella di Cagliostro dove mi vedevo calare dai romagnoli, ad espiare l’errore.
Ma alla fine, per varie strade, tutti i dispersi, come bravi boy-scout grondanti, si sono presentati in orario alla agognata serata di gala.
Una volta superata la iniziale diffidenza verso la tenuta degli schienali delle sedie dell’ Urbino Resort, dove agganciare una borsa poteva risultare una sfida alla forza di gravità e appoggiare una giacca faceva porre dubbi su come ne sarebbe uscita, tutti si sono abbandonati alle delizie marinare cucinate da Tonino, cuoco personale del Centro Regionale MG Emilia Romagna.
La mattina successiva l’atmosfera di bucato collettivo con tappetini, tonneau, moquette di MG messi ad asciugare davanti a una timida apertura del cielo, ha dato ai partecipanti una piacevole quanto effimera illusione che il diluvio si fosse trasferito su qualche altro raduno.
E invece …..era ancora in agguato !!
Comunque se il tempo non ci ha aiutato, ci ha pensato il team del Centro Regionale Emilia Romagna a coccolarci accogliendoci in un Resort incantevole, organizzando intrattenimenti culinari e musicali che non potremo non ricordare.
Con le nostre vetture abbiamo guidato per percorsi romantici circondati da borghi turriti e pieni di storia e visto un susseguirsi di colline mozzafiato.
E soprattutto, alla fine, siamo stati insieme e non possiamo che dire ai simpatici amici romagnoli, GRAZIE e già pensare al loro prossimo raduno MG……….senza onda.
Alberto Orzali
Caro Paolo,
grazie per averci fatto conoscere la Scozia con il suo vento gelido, la pioggia battente ed il mare impetuoso.
E' stata una vera sorpresa per noi che pensavamo di andare nella soleggiata riviera romagnola.
Ma la vera sorpresa è stato il cibo:pensavamo ormai di mangiare aringhe affumicate e stoccafisso delle isole Faroer ed invece abbiamo gustato delle pietanze di pesce indimenticabili.
Grazie ancora e un abbraccio a tutti!
Paolo e Cleofe
"MG IN ONDA” OVVERO DIARIO DI UN RADUNO “ SUBACQUEO”
Impegno, cura dei particolari, attenzioni varie per definire al meglio il percorso da seguire e per offrire la migliore ospitalità agli amici-soci ( chi organizza raduni sa di che parlo ).Tanto tempo impiegato e poi? Ecco !. Ci si mette il clima ostile !
Bisogna riconoscere che lo spirito di avventura non manca agli appassionati mgisti che sono arrivati numerosi da diverse Regioni : sono pronti a tutto e sanno adattarsi bene anche ad un raduno “subacqueo” ( cioè sotto l’acqua……piovana però).
Purtroppo l’ultima parte del programma non si è potuta realizzare causa il mare in tempesta e la sua alternativa è stata condizionata da una pioggia torrenziale che ci ha accompagnato spesso, appannando, quasi del tutto, il panorama e le bellezze naturali che stavamo attraversando.
Colori, prati, calanchi e colline decisamente diversi da come li avevamo visitati noi e che volevamo condividere con gli altri.
Naturalmente, in quella situazione, l’attenzione dei piloti e delle navigatrici era concentrata soprattutto sulla strada e sulla sua eventuale pericolosità e non certo sul panorama.
VENERDI’ 17/9 : abbastanza tranquillo. Giornata degli arrivi con possibilità, facoltativ
a, di recarsi all’ACQUARIO “LE NAVI” di Cattolica.
SABATO 18/9 : partenza per San Leo con clima accettabile. Visita guidata alla superba rocca ove fu imprigionato e morì Giuseppe Balsamo detto Conte di Cagliostro.
Immersione storica resa ancor più interessante dalla capacità narrativa della giovane che ci ha accompagnati.
Suggestiva la Pieve e atmosfera ispirata e raccolta. Quindi il Duomo: costruzione molto bella, descritta con passione da un professore coltissimo e dove ci attendeva anche un giovane maestro di musica per un mini concerto d’organo: misticismo e musica sacra……. DA PELLE D’OCA!!!
Dopo il pranzo, partenza con già qualche goccia di pioggia. I più temerari ( o forse i più incoscienti, come noi) partono a macchina scoperta per pentirsi quasi subito poiché le gocce si sono trasformate in un acquazzone di proporzioni……..abbondanti.
Per quanto veloci a chiudere la capotte, non siamo riusciti ad evitare che l’abitacolo diventasse una piccola piscina…con noi dentro: IL BAGNO ERA FATTO!.
Nonostante tutto, in ordine sparso e in ritardo sul ruolino di marcia, riusciamo ad arrivare ai Resort.
SERATA DI GALA : aperitivo servito accompagnato da musica da camera eseguita da quattro graziose fanciulle.
SPIRITI RISOLLEVATI !
Continua però a diluviare……
I marinai preposti alla preparazione della nostra cena, anche loro già arresi agli agi e alle comodità, si trovano invece a dover cuocere il pesce all’aperto in balia delle intemperie ( pioggia, vento, fulmini, ecc. ecc.) protetti solo da un piccolo gazebo.
Serata paragonabile ad una burrasca in mare, solo che anziché dover governare la barca, dovevano fare attenzione che il “SARDONCINO” non volasse via dalla graticola o che la “TRIGLIA” non annegasse….(si fa per dire!!).
Beh! Non erano proprio contenti. Però il risultato del loro lavoro è stato comunque eccellente ed hanno riscosso applausi da tutti i presenti, riconciliandoli con il mondo.
DOMENICA 19/9 : ultimo giorno. Nuvoloni in cielo ! “Breefing” con tutti e cambiamento di programma: visto il perdurare del maltempo non è possibile imbarcarsi sulla motonave per la progettata mini crociera lungo la costa.
Si opta per un giro sul Monte San Bartolo ( Pesaro-Gabicce) e tappa al piccolo, delizioso paese di Fiorenzuola di Focara che, solitamente, offre una veduta dall’alto sull’Adriatico e sulla costa da Mozzafiato.
Come per la nuvola di Fantozzi, quando arriviamo là, la pioggia “ci vede” e su di noi si aprono le cateratte del cielo impedendoci l’escursione.
Di nuovo bagnati si decide di rinunciare e andare direttamente a Vallugola, nostra ultima meta, in un ristorante situato sulla spiaggia.
Lì, la valigia “ troppo piena “ ( per la quale quando partiamo ricevo rimbrotti vari da mio marito) è stata prodiga di cambi d’abiti asciutti davvero necessari.
E’ vero che nei giorni precedenti ci siamo persi dei panorami, ma ora il mare ce ne stava offendo uno fantastico.
Dall’interno del ristorante vedevamo e sentivamo il vento furioso che provocava onde altissime e spumeggianti che aggredivano la riva e le piante si piegavano quasi fino alla sabbia.
Una coppietta che passeggiava incurante su quella spiaggia così battuta, completava un quadro perfetto………che romantico…….).
Terminato il pranzo, al momento del commiato, il tempo è totalmente cambiato: niente più vento, niente onde, niente pioggia e , anzi, qualche raggio di sole…….dispettoso!
Noi non nascondiamo un certo disappunto per come sono andate le cose, ma penso che l’ironia sia l’arma migliore per sdrammatizzare e dico: “ UN RADUNO SUBACQUEO in una zona di mare non e forse il massimo ?
D’altronde il clima non puoi “ organizzarlo”.
Fra poco ci sono i saluti da scambiarsi. Sui visi di tutti c’è allegria e ho la presunzione di pensare che sia sinonimo di piacere, semplice e genuino, per il tempo trascorso insieme, che poi è il sentimento che ci accomuna in qualsiasi altro raduno MG, in qualsiasi altra regione e che è assodato essere uno dei punti di forza del nostro club.
A questo punto ci salutiamo, ci abbracciamo, ci baciamo e rinnoviamo la speranza di rivederci al più presto, augurandoci un tranquillo rientro a casa, possibilmente………con il sole!!
Lella Damicelli
MG in Onda, un mare di emozioni
Il mare d’inverno è l’ultima immagine rimastaci impressa nella mente prima di immetterci nel caos affollato dell’autostrada Adriatica una domenica di fine settembre. Non c’è tristezza nel cuore, sebbene un antico motivetto lo descriva come un film in bianco e nero visto alla tv. Bianca è la schiuma del mare in burrasca che si scaglia con rabbia sul piccolo molo; bianche e nere le nuvole in un cielo spazzato dal vento; grigi i pennoni delle barche a vela che oscillano mollemente nel piccolo porto; candidi i gabbiani che veleggiano sospesi nell’aria. Scuri dirupi caratterizzano la vallata che digrada fino al mare in quel tratto di costa. Anche la piccola spiaggia è deserta. Le cabine sono state chiuse e gli ombrelloni riposti in qualche magazzino. Il luogo emana un vago sentore di abbandono a ricordarci che la stagione oramai ha chiuso i battenti. Qualcuna delle prossime domeniche forse porterà ancora qualche turista e la piccola spiaggia nella baia di Vallugola si rianimerà, ma sarà soltanto per qualche ora, poi tutto tornerà vuoto e silenzioso. Nonostante tutto, non c’è tristezza. Le tante mani strette, i calorosi abbracci dati e ricevuti prima di partire, l’hanno scacciata e serbiamo nel cuore un calore che ci accompagnerà fino a casa.
Perché iniziare dalla fine? Non lo so. Sono stati tre giorni piuttosto intensi. Per noi che per vari motivi siamo mancati ai vari appuntamenti degli ultimi due anni, ancora di più. Forse perché quel mare infuriato ci ha suggerito che qualche sforzo in più bisognerebbe farlo per sostenere coloro che danno l’anima per organizzare i vari appuntamenti che si succedono nel corso dell’anno. Forse perché questi piccoli sconosciuti angoli d’Italia che di volta in volta visitiamo, rimarrebbero tali se non ci fossero costoro a suggerirceli.
Come sempre faccio quando rientro da una vacanza, mi abbandono alla fantasia scrivendo due righe che poi andranno a completare le innumerevoli foto trasferite su cd-rom. Ma lo devo fare subito, prima che il tempo ne mitighi l’essenza o ne cancelli in parte l’intensità, frugare nell’animo alla ricerca dei vari momenti che hanno caratterizzato il succedersi dei giorni, con la netta sensazione (probabilmente succederà a tutti) che siano trascorsi più velocemente. Sono stati tre giorni ricchi di un qualcosa che a volte ci sfugge: di tempo da dedicarci. A volte il ritmo della vita assume una cadenza così frenetica che si fa fatica a stargli dietro, ciononostante fatichiamo a farne a meno, come fosse essa stessa a spingerci a cercarla, incoraggiarla, spronarla, a far sì che non si possa vivere senza di essa. Siamo pieni di impegni. Guardiamo in continuazione l’orologio. Come se non bastasse, se gli impegni non sono sufficienti per noi, li prendiamo anche per i nostri figli, iscrivendoli a nuoto, al corso di danza classica piuttosto che di chitarra, poi c’è la palestra per mantenersi in forma. Camminare non serve più. Meglio affidare i polpacci al tapis-roulant. È bastato uno scorcio di mare infuriato a farmi capire che la vita non può essere tutta così. Sono sensazioni. Flash che si accendono in un lampo ad illuminare anche le giornate più buie. Ma torniamo al nostro tempo.
Venerdì 17 inizia sotto l’influsso malefico di quello che per antonomasia viene ricordato per quello che dovrebbe essere: giro la chiave e dopo qualche esitazione il motore della nostra C parte regolarmente. Innesto la retromarcia e sul pavimento del garage appare una lugubre scia. Annuso quella che a tutti gli effetti sembrerebbe benzina e dopo un'affannoso controllo la previsione si rivela esatta. Il tubo di mandata della benzina ha una piccola crepa. Francesca mi guarda sconsolata cercando di capire dalla mia espressione, se ciò comporti la rinuncia al viaggio. Non sia mai detto. Prendo un’altra macchina e volo da un meccanico a comprare un metro di tubo apposito. Nel giro di un’oretta il motore della C ronza tranquillo in attesa di partire. Il viaggio si svolge tranquillo anche se il traffico del venerdì è pieno di mezzi pesanti. Qualche ora dopo, a Cattolica abbiamo un piccolo assaggio di un qualcosa che sa ormai di passato remoto: un pranzo completo a base di pesce, antipasti, primo e secondo, acqua e vino compresi, al costo di dieci euro! Per di più quello che troviamo sui piatti è anche ottimo. L’acquario di Cattolica ci ha poi inghiottiti nelle sue buie viscere ricolme di vita, al cospetto delle settantacinque vasche espositive contenenti circa tremila esemplari di quattrocento specie diverse suddivise tra pesci e invertebrati provenienti dal Mediterraneo e dai mari tropicali. Progetto futurista degli anni ’30 dell’architetto Clemente Busiri Vici, destinato a colonia marina per ospitare i figli degli italiani all’estero ai tempi del fascio, “Le Navi” erano un complesso di sette edifici costruiti come una flotta navale pronta a prendere il mare. Il tranquillo girovagare degli squali toro e delle altre specie di cui adesso non ricordo i nomi, dovrebbe suggerirci anch’esso che la vita andrebbe presa nella giusta misura, ma il tempo incalza e si parte per la nostra destinazione definitiva. L’Urbino Resort finalmente ci accoglie in maniera adeguata, in un’oasi di pace e serenità tra querce secolari, filari ricolmi d’uva, aiuole fiorite e campi lavorati in un susseguirsi di verdi colline a perdita d’occhio. Il cielo è sempre imbronciato e s’è alzato un garbato venticello che quelli di questi luoghi chiamano il “Garbino”. Dicono potrebbe durare anche due o tre giorni. Mi piace questa cosa di conoscere il vento, sapere che se dovesse cessare potrebbe piovere. Conoscere il vento significa conoscere i ritmi della natura, il succedersi delle stagioni. Il Garbino spazza parzialmente il cielo e ci concede la luce dorata di un bel tramonto seppur offuscato di nuvole. Mi verrebbe voglia di incamminarmi sulla collina a respirare quell’aria che sa di terra umida, di pioggia imminente, di muschio, di mare, anche se dista una trentina di chilometri. La cena del venerdì al Cà Virginia Resort, qualche chilometro poco distante, ha la solita allegra atmosfera delle feste quando le famiglie si riuniscono per le occasioni importanti. Ci si rivede dopo mesi, a volte anni come nel nostro caso. Buona la cena, ottimo il vino, ancora di più la compagnia di ritrovate conoscenze e di nuovi amici. Qualcuno di cui non si fanno i nomi, faticherà a misurare la strada per tornare all’Urbino Resort.
Sabato si presenta con cielo coperto ma le nubi girano alte, sembra che non debba piovere. Le capote in men che non si dica spariscono, dietro le spalle quelli che possono, le altre nei bauli. Venerdì 17 è passato indenne ad altri accidenti, ma sembra che il 18 non sia da meno, dal momento che infilando la nostra capote nel baule mi resta in mano un pezzo di telaio, nondimeno appena tiro la starter prima di accendere il motore, mi resta in mano la leva. Io e Francesca ci guardiamo sgomenti, memori dell’ultima uscita che abbiamo fatto a febbraio per la “Tartufata” organizzata da Angelo Bernardi in quel di Firenze, quando per un guasto all’impianto elettrico siamo rimasti senza fari e di conseguenza abbiamo dovuto rimandare la partenza al giorno dopo. Fattostà che rimanere un giorno in più all’Urbino Resort, non mi dispiacerebbe affatto. La scarrozzata romantica mattutina nell’aria tersa e ventosa del Montefeltro ci rinfranca nonostante quelli che speriamo siano gli ultimi inconvenienti, decisi a goderci quegli incomparabili paesaggi che peraltro avevamo già avuto la fortuna di percorrere tempo addietro. L’insieme ci offre la sensazione che ogni vallata sia diversa dall’altra, pur sorprendentemente simili fra loro. Il paesino arroccato di San Leo recentemente entrato a far parte de “I borghi più belli d’Italia”, accoglie le nostre MG sulla sua stretta piazzetta (piccolo privilegio, in realtà difficilmente realizzabile se non in questi contesti) per quella che è la tappa prevista per oggi. La successiva salita alla fortezza-prigione che ha ospitato negli ultimi cinque anni di vita Giuseppe Balsamo, meglio conosciuto come conte di Cagliostro, mago, alchimista, esoterista, enigmatico avventuriero condannato dalla chiesa al carcere a vita per eresia, ci regala una atmosfera dove si respira storia antica, laddove magiche alchimie confondono i confini tra realtà e leggenda. Dalla sommità la vista spazia in un orizzonte infinito di verdi colline cosparse di piccoli borghi, rupi che si ergono solitarie, strade che serpeggiano in lontananza infilandosi sinuose in geometrie di campi arati. Da quell’altezza pare di volare sospesi sulla Valmarecchia tanto descritta dal poeta Tonino Guerra. Sullo sfondo verso il mare, si staglia il monte Titano e il piccolo stato di San Marino con i suoi privilegiati palazzi e i suoi privilegi fiscali. La passeggiata di ritorno ci ha messo appetito e con chi ha preferito le gambe al pulmino, ci affrettiamo verso il borgo sottostante dove in precedenza avevamo notato l’invitante insegna del ristorante “Il Castello”. Dopo pranzo ci aspetta la visita alla Pieve pre-romanica e successivamente al Duomo romanico risalente al XII secolo, per un breve concerto d’organo. Sul programma è scritto “piccolo”, ma preferisco usare il termine “breve” per non sminuire l’intensa emozione che ha suscitato in me lo scorrere delle dita sulla tastiera e il susseguirsi frenetico dei piedi sui pedali del giovanissimo organista che eseguiva musiche per organo di Bach. Tornare a visitare questa chiesa, mi elargisce un’emozione forte pur rimanendo deluso nel vederla restaurata e trasformata in Duomo Vescovile. Questa definizione della guida, peraltro preparatissima e appassionatissima, mi sembra gli calzi larga. Parecchi anni addietro l’avevamo visitata ed ero rimasto affascinato dalla sua aria austera di pietre bianche scurite dal tempo; dalle sue navate spoglie; dal suo pavimento in pietra grezza consumato dall’antico calpestio; la roccia su cui è stata costruita a tratti sporgere dal pavimento; dall’atmosfera mesta che emanano le chiese dismesse. Ora che il restauro gli ha dato nuova vita e un pavimento di marmo lucido, che i muri sono stati ripuliti, la navata arredata con banchi nuovi di zecca e impreziosita di un organo a canne, mi è sembrata voler scusarsi per la vanità di cui ora è pervasa dopo secoli di trascuratezza. Quando usciamo il tempo sembra voler peggiorare. Forse San Leo non ha gradito le mie critiche sull’opera di restauro di casa sua, anche se qui aleggia solo il suo spirito dato che per volere di un imperatore teutonico, le sue ossa sono state traslocate e incidentalmente affondate nel fango di una palude lungo il tragitto per la Germania. Comincia a gocciolare. La piazzetta si rianima di turisti affaccendati a frugare nei bauli, a inserire telai nei supporti, le capote fanno la loro ricomparsa. Nonostante tutto io e Francesca siamo fiduciosi, facciamo i temerari e assieme a Enzo Simonetto, Edoardo Fabbri e qualche altro, partiamo scoperti. Qualche chilometro dopo però dobbiamo ricrederci. Una ovattata nebbiolina nella direzione dove siamo diretti, ci suggerisce l’idea di fermarci a mettere la capote. Appena in tempo, quando ripartiamo comincia a diluviare e non smetterà che a notte fonda. Per fortuna il pezzo che si è rotto non è determinante per la tenuta della struttura e riusciamo a richiudere la macchina nonostante il tutto risulti un po’ sghembo. Il rientro comunque non è esente da intoppi. Dopo la sosta forzata, seguendo la decina di MG che a tratti scorgiamo precederci, procediamo tranquillamente sotto l’acqua, quando Francesca mi avverte che nessuna delle indicazioni del road-book corrisponde. Poco male, suggerisco. Visto il diluvio forse si è preferito fare una strada più breve per il rientro. Più avanti dovrebbero esserci Fausto o qualcuno che conosce la strada. Non preoccupiamoci. Un bel po’ di strada dopo, appena cessa la pioggia la colonna si ferma. Dove siamo? Boh! Ma chi c’era davanti? Non si sa. (Orbene, si sa, ma si dice il peccato ma non il peccatore). Ci vuole poco ad appurare che ci siamo persi in mezzo alle colline. Dopo un breve consulto decidiamo di tornare indietro, qualcuno rifà la stessa strada, qualcun altro prosegue. Nel frattempo riprende a diluviare con lampi e tuoni. La strada è invasa da torrenti d’acqua. La nostra C non ha il riscaldamento, quindi nessuna ventola che possa aiutarci a sbrinare il parabrezza. Il tergi alla massima velocità fa quel che può, ma non si vede un accidente. Ti ricordi quella volta che tornando da Cortina sotto un diluvio come questo, si è bloccato il tergicristallo? Proprio adesso dovevi ricordarmelo? Francesca mi suggerisce che è meglio fermarsi sotto gli alberi ad aspettare che cessi, ma qualche fulmine che ogni tanto saetta rabbioso nei dintorni, mi sconsiglia di farlo. Procediamo ugualmente seguiti a ruota dalla midget bianca di Vittorio Gabagnini che a volte scompare avvolta nei miasmi dell’acquazzone, in un saliscendi che sembra non finire mai. Mi sovviene che a casa abbiamo una vettura nuova di zecca sulla quale premendo un tasto si aziona un congegno chiamato “climatizzatore elettronico” che in tempo reale sbrina il parabrezza; che se Francesca vuole sui piedi 25 gradi e io 20, basta premere il tasto Dual e siamo subito accontentati; che sul vetro c’è un sensore pioggia che aziona autonomamente il tergicristallo con quattro velocità diverse e penso: ma chi ce lo fa fare di andare in giro con questa trappola? Provo a chiederglielo e nemmeno lei sa darmi una risposta, o meglio lo sa ma in quel momento non ha voglia di dirmelo. Mentre faccio questi mesti pensieri, finalmente raggiungiamo il fondovalle e la strada principale che in teoria dovrebbe portarci all’Urbino Resort. Forse è la strada giusta, mi azzardo a dire memore che se gli avessi dato retta subito non saremmo certo lì a cercar di venirne fuori. Son finite le nostre pene. Speriamo! Quando vi arriviamo è quasi buio e continua a piovere. Davanti alla stradina che porta al resort scorgiamo ferma la A coupè che in precedenza aveva guidato il gruppo dei cani sciolti fuori strada. Non so che strada abbiano fatto poi per rientrare. Mi affianco. Tutto bene? Si, tutto bene. Allora andiamo. Parte lui per primo, ma invece di svoltare sulla strada che porta al resort venti metri dopo, punta dritto verso la collina. Io e Francesca ci guardiamo e scoppiamo a ridere. È proprio negato, dico. Più tardi si scuserà dicendo che non ha molto senso dell’orientamento. Gli batto una mano sulla spalla. Non ti preoccupare Alberto, succede in quasi tutti i raduni che qualcuno vada fuori percorso. Un po’ meno che gli vadano dietro altre dieci macchine convinte che sappia la strada. All’arrivo al resort c’è Pier Paolo che ci aspetta preoccupatissimo sotto la pioggia, fradicio come un pulcino. Rientrerà solo quando l’ultimo figliol prodigo varcherà la soglia del cancello. Rimarrà umido e infreddolito per tutta la serata. Solo la vista della sua dolce Flora gli ridarà un po’ il sorriso.
Dopo una bella doccia calda, i pensieri molesti sono solo un brutto ricordo. A sera i protagonisti dell’escursione fuori rotta, sono tutti eleganti e si raccontano come fanno i cacciatori al termine della battuta, esagerando un tantino nelle proporzioni. In questo caso del pericolo corso. Sembra che abbiano tutti rischiato la vita. Prima di cena l’esibizione delle splendide Mariposas, sarà una bella sorpresa, con musica classica e standard moderni rielaborati ed arrangiati per arpa, flauto ed archi, ad allietare gli animi e introdurci in quella che sarà la serata di gala. Ci vorrà tutta la pazienza e l’esperienza del pescatore Tonino Vasi e le sue prelibatezze preparate al riparo di uno scarno gazebo allestito in tutta fretta sotto un diluvio universale, a fugare le ultime ombre e a scacciarle definitivamente. Ognuno tuffa il naso nel proprio piatto e la serata assume le solite sembianze di allegra scanzonata ricreazione, seppur le signore sfoggino toilette da sera. Non mancherà nemmeno chi verso l’una si lamenterà del chiasso provocato dalle innumerevoli barzellette più o meno sporche dell’amico Massimo Bottoli, sostenendo il diritto al sonno e l’altrui maleducazione. E pensare che il temporale nel frattempo scatenatosi, faceva molto più baccano di noi. Boh! Quando ce ne andiamo a letto, con buona pace di tutti, mi gusto il rumore della pioggia sul tetto di legno. Dai balconi che ho lasciato aperti si intravedono lampi sinistri e subito dopo i tuoni che si ripercuotono nell’oscurità. A notte fonda il temporale si allontana oltre le colline scaricando chissà dove la sua rabbia.
Domenica ci appare con uno scorcio di sole, ma è cosa di poco conto perché il cielo é solcato di strati plumbei che non presagiscono nulla di buono. Vado a controllare la macchina e scopro che dalla guarnizione del lucchetto del baule è entrata acqua. Non mi meraviglio, sono macchine inglesi, non certo a tenuta stagna. Quello che mi meraviglia sono le scarpe che c’erano sotto, piene d’acqua fino all’orlo con su una di esse la spazzola che vi avevo riposto, galleggiare come una paperetta in gita. A proposito di gite, quella in barca prevista per la mattinata è saltata per il mare grosso. Si opta per il piano B: visita al borgo di Fiorenzuola di Focara su un promontorio a picco sul mare. Si parte con le vetture coperte e lungo la strada ricomincia a piovere. A Fiorenzuola la sorte sembra accanirsi su di noi, appena giungiamo in paese la pioggia si fa dirotta accompagnata da un fastidioso vento freddo. Parcheggiamo le vetture ma sulla stradina che sale in paese scendono ruscelli d’acqua. La maggior parte di noi ha scarpe ginniche o quantomeno estive, ma non mancano signore in sandali e ciabattine infradito. Decidiamo di andare direttamente al ristorante per quello che sarà l’ultimo atto del raduno, in quanto dopo pranzo inevitabilmente ci saranno i saluti e ognuno prenderà la strada di casa. Il ristorante “Dalla Pia” nella piccola baia di Vallugola, ci attende sotto un cielo imbronciato e un mare verde di rabbia. Fuori fa freddo, ma dentro si sta benone, anche perché le portate di pesce che sopraggiungono numerose, ci rinfrancano dei disagi e le bottiglie di vino bianco tenute in fresco nei secchielli, ancora di più. Mentre mangio guardo le facce dei nostri amici romagnoli che tanto hanno lavorato per prepararci questa bellissima avventura. Sembrano meno tese ora che si va verso la fine. Hanno dato l’anima per regalarci questa piccola vacanza, tutto è stato molto bello, organizzato nei minimi particolari, hanno previsto ogni cosa, solo il tempo non poteva essere previsto, ma è giusto ribadire che ognuno dei presenti ha apprezzato in ogni caso il loro lavoro e il loro impegno.
Attraverso la grande veranda si vede il mare in burrasca e le onde infrangersi impetuose sul piccolo molo poco distante, sollevando spruzzi che il vento si affretta a portare via. Si sta proprio benone qui ad osservare i gabbiani librarsi liberi nell’aria incuranti della mareggiata, del vento, della pioggia che sembra non voler finire mai. Ci saranno anche quando farà ancora più freddo, quando il vento soffierà ancora più forte e il mare magari sarà ancor più burrascoso, mentre noi saremo al caldo nelle nostre comode auto moderne e ogni tanto forse ci verranno in mente queste scorribande che a volte facciamo brontolando per le gocce che trafilano dal parabrezza o ci inzuppano le scarpe, imprecando per lo spiffero freddo che trapassa dalle fessure della capote. Ma questi si sa, sono gli inconvenienti di guidare le nostre vetuste “trappole” fuori stagione, anche se il calendario segna settembre e le giornate dovrebbero essere ancora calde.
Qualcuno si alza per andare via. Cominciano i saluti. Prima di partire guardo ancora il mare. Vorrei rimanere ancora un po’ a respirare quest’aria salmastra, ad ascoltare la voce di questo vento freddo che fa galleggiare i gabbiani nell’aria, osservando le frustate delle onde sulla spiaggia. Quando ho cominciato a scrivere queste righe non provavo tristezza, ma ora addentrandomi nel silenzio dei ricordi, mi è parso percepirne il fragore e a pensarci meglio forse il mare d’inverno un po’ di tristezza la mette. Tornerà la primavera e ricominceremo a girovagare con le nostre amate MG nelle prossime avventure che spero saranno sempre più numerose, magari in compagnia di ritrovati amici o di quelli nuovi conosciuti in questo purtroppo, almeno per noi, ultimo raduno del 2010. Al Sette Colli non ci saremo, ma promettiamo di esserci al Winter. Un arrivederci alla prossima tartufata di cui abbiamo sentito un vago accenno, nonché alla cena degli auguri di fine anno se i nostri amici romagnoli avranno ancora un po’ di energie per organizzarla.
Un caro saluto da Roberto e Francesca.
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